martedì 8 novembre 2011

"La donna che canta" di Denis Villeneuve del 2010

Canada, Quebec ai giorni nostri: alla morte della signora Nawal Marwan (Lubna Azabal) una donna libanese cristiana rifugiatasi molti anni prima, un notaio (Remì Girard) apre e legge il di lei testamento ai due figli gemelli Jeanne (Melissa Desormeaux-Paulin) e Simon (Maxim Gaudette) in cui si chiede loro di consegnare due lettere, una al loro padre che essi credevano morto in guerra e una al loro fratello che non sapevano di avere. Ecco che comincia il viaggio in Libano e la ricerca di due persone e parallelamente, immersa nelle complicate vicende mediorientali, la storia di Nawal da giovane attraverso assurdi quanto violenti conflitti politico/religiosi che le lasceranno ferite indicibili quali l'uccisione del fidanzato da parte della propria famiglia, la sottrazione di un figlio che non smetterà mai di cercare ed inoltre, in seguito ad un omicidio da lei commesso per una vendetta, 15 anni di tremenda prigionia che trascorrono tra violenze e torture nell'arco dei quali darà alla luce i due gemelli e diventerà conosciuta come "la donna che canta" del titolo.
Un film molto complesso, drammatico e coinvolgente anche se ci mette un po per esserlo, costruito come un mosaico disfatto e incomprensibile, che lentamente si ricompone, ed approda ad un finale rivelatore e sorprendente, la lettura delle due lettere sarà infatti allo stesso tempo un pugno nello stomaco e la più dolce delle carezze dove è impossibile rimanere con gli occhi asciutti.

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